Può capitare frequentemente che i pazienti affetti da linfedema lamentino dolori all’arto colpito. In linea teorica, la stasi linfatica cronica non è dolorosa, ma l’entità dell’edema può costringere il fascio vascolo-nervoso e causarne una sofferenza su base meccanica. Inoltre, il peso dell’arto, in alcuni casi più che raddoppiato, può oltremodo sovraffaticare le strutture osteo-muscolari, causando spesso una sintomatologia dolorosa diffusa. È infatti frequente, nei pazienti con edema cronico dell’arto superiore, una concomitante periartrite scapolo-omerale omolaterale.
Sono i vasi linfatici di maggiore calibro; prendono origine dalla confluenza dei collettori efferenti post-linfonodali e riversano la loro linfa nel dotto toracico o direttamente nel circolo venoso. I più importanti sono i tronchi (o dotti) linfatici giugulari, succlavi, bronco-mediastinici e la grande vena linfatica destra (speculare al dotto toracico).
Rappresenta il maggior dotto linfatico dell’organismo (calibro tra i 5-8 mm) e costituisce la via principale di scarico della linfa nel torrente venoso. Nasce dalla confluenza del tronco linfatico intestinale e dei tronchi linfatici lombari destro e sinistro a livello della I-II vertebra lombare. Inizialmente può presentare una dilatazione sacciforme detta Cisterna Chyli o di Pecquet (vedi). Dopo un decorso mediano di circa 35-45 cm, retroesofageo, tra la vena azygos (a destra) e l’aorta (a sinistra), scarica il proprio contenuto nella vena succlavia sinistra a livello dell’angolo succlavio-giugulare omolaterale. Nella sua parte terminale il dotto toracico descrive un arco a concavità antero-laterale e può presentare delle ramificazioni.