Illustre anatomico che per primo riconobbe, attraverso studi su cadavere, la circolazione linfatica e chilifera, e la descrisse nella sua celebre “Dissertatio” sulle “Lacteis Venis” nel lontano 1627.
La Linfologia, nonostante termini come linfocita, linfonodo, linfa e vasi linfatici ricorrano nella quotidiana attività medica, è sempre stata considerata una sorta di sorella minore rispetto a materie come l’Angiologia o la Flebologia e non è mai stata intesa, se non da alcuni medici pionieri, come materia di studio specifica e ben identificata.
Questo “Dizionario” vuole, quindi, rappresentare una sorta di metaforica “finestra” sul vasto ed ancora poco inesplorato mondo della patologia linfatica e fornire utili elementi di conoscenza di base per una corretta diagnosi e gestione del paziente affetto da alterazioni del sistema linfatico-linfonoidale.
Illustre anatomico che per primo riconobbe, attraverso studi su cadavere, la circolazione linfatica e chilifera, e la descrisse nella sua celebre “Dissertatio” sulle “Lacteis Venis” nel lontano 1627.
Viene definita cosi l’ascite chilosa, ossia, la presenza di chilo libero nella cavità peritoneale, detta anche chiloperitoneo. L’eziologia può essere quanto mai variabile, per cui una accurata fase di studio clinico aiuta ad impostare una corretta ed adeguata terapia medico-chirurgica. Le più frequenti cause sono: l’infiltrazione neoplastica delle strutture linfatico-linfonodali viscerali, un trauma (spesso iatrogeno, come accade, ad esempio, durante ampie linfoadenectomie nella terapia chirurgica del carcinoma renale), oppure la presenza di linfangiodisplasie.
Anche la filaria, la tbc e la sarcoidosi possono dare ascite chilosa.
In associazione alle convenzionali terapie combinate attuate per il trattamento del linfedema, l’antibiotico-profilassi rappresenta spesso l’unica possibilità di prevenzione delle linfangiti. Il soggetto affetto da linfedema presenta infatti un’immunodeficienzanelle regioni anatomiche affette da stasi linfatica non legata ad un deficit cellulare, come accade in altre situazioni patologiche di immunodeficienza sistemica, ma ad una “difficoltà” di movimento delle cellule del sistema immunitario, soprattuttodelle “Antigen Presenting Cells (APC)” e quindi, di fatto, viene a crearsi un rallentamento dei normali processi difensivi cellulo-mediati. Questo espone il paziente a possibili frequenti episodi infettivi, estremamente temibili sia per l’aggressività del quadro acuto, sia per il conseguente aggravamento clinico della insufficienza linfatica che ne può derivare. Per questo viene spesso consigliata, nei pazienti affetti da stasi linfatica, una profilassi antibiotica con “penicilline ritardo”, come la penicillina benzatina e la penicillina procaina, che vengono somministrate per via intra-muscolare ad intervalli di 15-21 giorni, anche per periodi di tempo prolungati.
Gli ANTI INFIAMMATORI sono farmaci che agiscono sulle manifestazioni generali o locali del processo infiammatorio. Il loro principale meccanismo di azione è l’inibizione della sintesi delle prostaglandine (mediatori dell’infiammazione). Vengono comunemente suddivisi in due principali categorie: quelli steroidei (cortisonici) e quelli non steroidei (FANS). Il loro ruolo in linfologia è soprattutto legato alla loro azione anti-edemigena ed al controllo della componente infiammatoria durante gli episodi linfangitici acuti o cronici.
Meccanismo di Azione
Gli anti-infiammatori agiscono in diverse fasi del processo infiammatorio per ridurre l’infiammazione e alleviare i sintomi. I FANS inibiscono la produzione di prostaglandine, riducendo così il dolore e l’infiammazione. I corticosteroidi agiscono invece bloccando la produzione di diverse sostanze infiammatorie, come citochine e chemochine. I farmaci biologici interferiscono con specifiche molecole infiammatorie nel corpo, inibendo la risposta infiammatoria.
Precauzioni e Effetti Collaterali
Gli anti-infiammatori possono essere efficaci per il trattamento di una serie di condizioni, ma possono anche comportare alcune precauzioni e potenziali effetti collaterali. Ad esempio:
Conclusioni
Gli anti-infiammatori, tra cui i FANS, i corticosteroidi e i farmaci biologici, sono strumenti potenti per ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore associato a diverse condizioni mediche. È importante utilizzare questi farmaci sotto la supervisione di un professionista sanitario e seguire le precauzioni necessarie per garantire il loro uso sicuro ed efficace. Consulta sempre il tuo medico per una valutazione appropriata e un piano di trattamento personalizzato.
Gli anti coagulanti sono una categoria estremamente eterogenea di farmaci (eparina, antiaggreganti piastrinici, cumarinici, ecc.), che hanno però un comune obiettivo, cioè quello di rallentare e regolare i normali processi coagulativi in tutti quei pazienti con una alterazione dei meccanismi emostatici che, per svariate cause, presentino una spiccata trombofilia e quindi un aumentato rischio trombo-embolico.
Meccanismo di Azione
Gli anti-coagulanti agiscono in diversi punti del processo di coagulazione per prevenire la formazione di coaguli di sangue. Alcuni inibiscono la formazione di fibrina, una proteina coinvolta nella coagulazione del sangue, mentre altri interferiscono con fattori di coagulazione specifici. In generale, questi farmaci rallentano o inibiscono la formazione di trombi e riducono il rischio di eventi trombotici.
Precauzioni e Effetti Collaterali
Gli anti-coagulanti sono farmaci potenti e devono essere usati con cautela. Alcune precauzioni includono:
Conclusioni
Gli anti-coagulanti sono farmaci essenziali per prevenire e trattare coaguli di sangue potenzialmente pericolosi. La scelta del farmaco dipende dalla condizione clinica e dalle caratteristiche del paziente. È fondamentale utilizzare gli anti-coagulanti sotto la supervisione di un medico e seguire le precauzioni necessarie per garantire un uso sicuro ed efficace. Se hai domande o dubbi riguardo agli anti-coagulanti, consulta sempre il tuo medico o un professionista sanitario qualificato.
Gli anti aggreganti piastrinici sono un gruppo di farmaci che agiscono inibendo l’aggregazione delle piastrine e quindi di fatto bloccando la formazione del trombo. I prototipi di questa categoria di farmaci sono l’aspirina e la ticlopidina che, per giungere a questo scopo, agiscono attraverso diversi meccanismi, rispettivamente influenzando il metabolismo prostaglandinico ed impedendo l’azione dell’ADP (recettore della membrana piastrinica).
Vengono utilizzati, in generale, nella profilassi antitrombotica dei pazienti con turbe della coagulazione o a rischio di episodi trombo-embolici. In linfologia, nei pazienti sottoposti ad intervento microchirurgico derivativo o ricostruttivo, sono utilizzati nel periodo post-operatorio come prevenzione delle eventuali trombosi delle anastomosi e più in generale in tutti quei pazienti che presentino una alterazione del sistema circolatorio venoso che possa preludere ad episodi trombo-flebitici.
Meccanismo di Azione
Gli anti aggreganti piastrinici agiscono inibendo il processo di aggregazione delle piastrine, che è una fase cruciale nella formazione dei coaguli di sangue. Bloccando specifici recettori o enzimi, questi farmaci impediscono alle piastrine di attaccarsi l’una all’altra e di formare aggregati che potrebbero ostruire i vasi sanguigni.
Precauzioni e Effetti Collaterali
Gli anti aggreganti piastrinici sono farmaci potenti e possono avere effetti collaterali significativi. Alcune precauzioni includono:
Conclusioni
Gli anti aggreganti piastrinici sono farmaci essenziali per prevenire la formazione di coaguli di sangue e ridurre il rischio di eventi cardiovascolari. La scelta del farmaco dipende dalla condizione clinica e dalle caratteristiche del paziente. È fondamentale utilizzare gli anti aggreganti piastrinici sotto la supervisione di un medico e seguire le precauzioni necessarie per garantire un uso sicuro ed efficace. Se hai domande o dubbi riguardo agli anti aggreganti piastrinici, consulta sempre il tuo medico o un professionista sanitario qualificato.
L’ANGOLO SUCCLAVIO-GIUGULARE è costituito dalla confluenza tra la vena giugulare interna sinistra e la vena succlavia sinistra. A questo livello termina il dotto toracico che confluisce, riversando la linfa in esso contenuta, nel sistema venoso.
A ASELLI GASPARE ASCITE CHILOSA ANTIBIOTICO-PROFILASSI ANTI-INFIAMMATORI (o ANTI-FLOGISTICI) ANTI-COAGULANTI ANTI-AGGREGANTI PIASTRINICI ANGOLO SUCCLAVIO-GIUGULARE ANGIODISPLASIA ANASTOMOSI LINFATICO-VENOSE AGENESIA LINFATICA
L’angolo succlavio-giugulare è formato dalla giunzione tra la vena succlavia e la vena giugulare interna. La vena succlavia è una delle principali vene del braccio e trasporta il sangue deossigenato verso il cuore. La vena giugulare interna è una grande vena che riceve il sangue dalla testa e dal collo e lo porta verso il cuore. Queste due vene si uniscono formando un angolo caratteristico.
Funzione dell’Angolo Succlavio-Giugulare
L’angolo succlavio-giugulare ha una funzione chiave nel drenaggio linfatico e nella circolazione venosa. Nel sistema linfatico, questa regione è coinvolta nel drenaggio della linfa dalla testa e dal collo. La linfa è un fluido trasparente che trasporta i globuli bianchi e altre sostanze importanti per il sistema immunitario. Il corretto drenaggio della linfa è essenziale per mantenere l’equilibrio dei fluidi nel corpo e per prevenire l’accumulo di liquido, che potrebbe causare edemi o gonfiori.
Nella circolazione venosa, l’angolo succlavio-giugulare è una via importante per il ritorno del sangue dalla testa e dal collo verso il cuore. Quando il sangue arriva in questa regione, viene raccolto dalle vene giugulari e succlavie e poi trasportato verso la vena cava superiore, che lo porterà al cuore per essere ossigenato.
Rilevanza Clinica dell’Angolo Succlavio-Giugulare
L’angolo succlavio-giugulare può essere interessato in diverse condizioni cliniche, tra cui:
È definita come la perdita della isto- e della cito- architettura delle strutture tissutali vascolari ed è alla base della maggior parte delle patologie malformative congenite che interessano le strutture vasali, siano esse arteriose, venose o linfatiche.
L’angiodisplasia è una malattia dei vasi sanguigni in cui si verificano delle anomalie strutturali. Queste anomalie possono interessare le arterie, le vene o i capillari. Nel contesto gastrointestinale, l’angiodisplasia è spesso localizzata nel colon, nell’intestino tenue o nello stomaco. Le malformazioni vascolari possono variare in dimensione e possono provocare sanguinamento, sebbene non siano sempre sintomatiche.
Cause dell’Angiodisplasia
Le cause esatte dell’angiodisplasia non sono completamente comprese, ma si ritiene che fattori come l’invecchiamento dei vasi sanguigni e la pressione sanguigna elevata possano contribuire allo sviluppo della condizione. Alcune persone possono essere più suscettibili a sviluppare angiodisplasia a causa di malattie vascolari preesistenti o di condizioni ereditarie come la telangiectasia emorragica ereditaria (malattia di Rendu-Osler-Weber).
Sintomi dell’Angiodisplasia
Molte persone con angiodisplasia possono essere asintomatiche e scoprono la condizione solo durante esami medici di routine. Tuttavia, quando i vasi anomali si rompono o sanguinano, possono verificarsi sintomi come:
Diagnosi dell’Angiodisplasia
La diagnosi di angiodisplasia può essere effettuata attraverso diversi test e procedure diagnostiche, tra cui:
Trattamento dell’Angiodisplasia
Il trattamento dell’angiodisplasia dipende dalla gravità dei sintomi e dalla posizione delle malformazioni vascolari. Le opzioni di trattamento possono includere:
illare le malformazioni vascolari e fermare il sanguinamento.
Conclusioni
L’angiodisplasia è una condizione caratterizzata da malformazioni dei vasi sanguigni, spesso localizzate nel tratto gastrointestinale. Il sanguinamento è il sintomo principale e può causare anemia e altri problemi di salute. Una diagnosi tempestiva e un trattamento adeguato sono fondamentali per gestire la condizione e prevenire complicazioni. Se sospetti di avere angiodisplasia o hai sintomi correlati, consulta sempre un medico o un professionista sanitario qualificato per una valutazione accurata e un piano di trattamento appropriato.
Vedi Microchirurgia linfatica.
La mancata genesi embrio-fetale delle strutture linfatiche “in toto” è una condizione praticamente incompatibile con la vita extrauterina ed è chiamata Agenesia Linfatica.
La maggior parte delle manifestazioni cliniche congenite, dovute ad un deficit di sviluppo delle strutture linfatiche, sono correlate, più frequentemente, a quadri anatomopatologici di ipoplasia delle strutture linfatico-linfonodali o in casi molto più rari ad aplasie parziali di strutture linfatiche maggiori, come, ad esempio, il dotto toracico.
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Data ultimo aggiornamento: 11 gennaio 2022